ARTEMISION DI SIRACUSA

ARTEMISION DI SIRACUSA

DIMORA DEL DIVINO


Artemision di Siracusa. Il tempio ionico della dea Artemide

L’Artemision di Siracusa è uno dei luoghi più affascinanti della Magna Grecia, un sito archeologico di grande valore storico, che narra la presenza dell’uomo dalla Preistoria al tardo Medioevo.

LE ORIGINI
Le successioni stratigrafiche ci raccontano che Ortigia era uno dei più importanti centri di scambio commerciale già per le civiltà della media età del Bronzo, oltre che un rinomato polo di attrazione artistica e culturale. All’interno del sito archeologico sono, infatti, visibili le tracce di alcune capanne preistoriche risalenti al secondo millennio a. C., che furono per molto tempo la dimora degli indigeni siciliani, come rivelano gli evoluti utensili e i frammenti ceramici ritrovati.


IL TEMPIO IONICO
L’Artemision di Siracusa, ovvero il tempio ionico dedicato alla dea Artemide, fu scoperto dall’archeologo Paolo Orsi nel 1910, in un’area fortemente caratterizzata dalla presenza di numerosi edifici sacri. L’area nacque come vera e propria zona di culto in età greca, periodo in cui venivano offerti alle divinità pagane sacrifici animali e statuette votive, come testimoniano i numerosi frammenti ossei rinvenuti all’interno dell’area di scavo. Su di essa fu costruito, a partire dal VI secolo a. C., il tempio di Artemide, unico esempio in stile ionico in tutta la Sicilia, rimasto probabilmente incompiuto.
Le colonne dell’Artemision di Siracusa prendono a modello le peculiarità architettoniche del famoso tempio di Artemide ad Efeso, in Turchia. Allo stesso modo le basi su cui poggiano le colonne mostrano affinità stilistiche con il tempio di Hera a Samo (Grecia). Le maestranze efesine e samie giungevano, infatti, a Siracusa conquistate dalla vivacità culturale del più importante centro commerciale e politico del Mediterraneo.


L’ARCHITETTURA DEL TEMPIO
Il tempio era lungo 59 mt e largo 25, con sei colonne sulle due parti frontali e 14 (o 16) lungo i fianchi. L’ingresso dell’edificio (il pronao), era rivolto ad Oriente, la parte terminale (l’opistodomo), era orientato verso Occidente. Non è riscontrabile la presenza di un naòs, bensì quella di un sekos aperto, mentre il peristilio era coperto con tegoloni di terracotta, le cui parti terminali erano ornate con eleganti figure policrome.


 

LA CRIPTA
Dallo splendore dell’antichità al buio del tardo Medioevo con l’ultima testimonianza archeologica: il Putridarium, ovvero la cripta sotterranea della Chiesa di San Sebastianello. Per accompagnare l’anima del defunto dalla vita terrena all’aldilà, i confrati praticavano il rito delle “doppie esequie” ovvero del pietoso accudimento del corpo durante la sua decomposizione e la sua sepoltura.


 

 

IL PADIGLIONE
Il Padiglione da cui si accede all’area di scavo colma il vuoto lasciato dalla demolizione della Chiesa di San Sebastianello. Il suo interno è stato immaginato dall’architetto Vincenzo Latina come il sekos del tempio ionico, ovvero l’antica cella sacra a cielo aperto. La struttura contemporanea si pone in relazione con il contiguo “Giardino di Artemide” concepito come offerta alla dea della fertilità, Artemide, protettrice dei boschi e delle ninfe. Il Giardino offre allo spettatore un’ampia varietà di fiori e piante che rievocano suggestioni legate alla mitologia.